MI RICORDO

Ulisse, liberatosi dalle spire fascinose della maga Circe, si rende conto che, da quando è partito dalla natia Itaca, si trova in viaggio da più di 12 anni! È ora di fare ritorno! Chissà come sarà in ansia Penelope? Chissà come sarà cresciuto Telemaco? Il ricordo, la memoria di casa, diventa uno stimolo fortissimo per l’eroe ma, per vincere le ire del dio Nettuno e per avere coscienza del proprio destino, occorre consultare l’indovino cieco Tiresia e discendere nell’Ade, l’inferno dei greci. Un po’ come Dante anche Ulisse è chiamato a confrontarsi con la morte se vuole sentire fino in fondo il sapore della vita. Un canto gregoriano antichissimo, dell’XI secolo proclama: “Mors et vita duello, conflixere mirando, dux vitae mortuus, regnat vivus”, la morte e la vita hanno combattuto in un mirabile duello: il signore della vita è morto, [ma] regna da vivo.

La vita è un duello, talvolta feroce, e nessuno si può sottrarre a questo scontro, nemmeno il figlio di Dio. La memoria alimenta la vita, la memoria, unita alla bellezza e alla poesia gioca brutti scherzi, o anche belli, a seconda di quanto vogliamo crescere nella consapevolezza di noi stessi. A volte il ricordo è nostalgia e anche presenza di chi non c’è più (sorridiamo mentre scorrono le immagini, un pochino sdolcinate, celeberrime, del film Ghost, in cui l’amata mentre cesella un vaso di ceramica, è assistita dalle amorevoli mani dell’amato defunto). La memoria ha un potere sconvolgente, rende vivibile anche la tragedia, rileggiamo la prima strofa della celebre “A Silvia” di Leopardi:

 

Silvia, rimembri ancora
Quel tempo della tua vita mortale,
Quando beltà splendea
Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
E tu, lieta e pensosa, il limitare
Di gioventù salivi?

 

Il ricordo, ci dice Corinna di seconda, non è l’ombra lontana di un passato da cancellare, è ciò che ci rende quello che siamo al presente. Non possiamo farne a meno, anche se il desiderio di voltarci indietro e rimpiangere il passato è spesso troppo forte, come fu nel mito di Orfeo ed Euridice. Ascoltiamo “Euridice”, la canzone di Roberto Vecchioni, in cui si rimpiange un amore che non c’è più.

Per il filosofo Platone la memoria è talmente importante da costituire l’approccio più vero al mondo: la memoria è conoscenza. Se si vuole andare avanti nella vita bisogna affrontare la morte, ed essa non ci risparmia nulla, anche se la poesia rende più accettabile il confronto. È tutto rotto, in una vita che non è capace di fare memoria, in una vita spezzata dalla morte: lo vediamo in una scena tratta dal film di Nanni Moretti “La stanza del figlio”. Solo cocci, per chi non sa ricordare.