Un fuoco nell’osurità

I più grandicelli, quelli di quarta, già martedì scorso, sentendo parlare di antri oscuri e di mostri orrendi che divorano gli uomini, si erano ricordati di una grotta molto famosa nella storia della filosofia: quella di cui si narra nel celebre mito di Platone. Gli uomini, incatenati al buio, vivono sul fondo di una caverna contemplando le ombre degli oggetti proiettate sulle pareti di roccia pensando che quei simulacri di vita, le ombre appunto, siano tutta la realtà, tutto ciò che si può conoscere. Tutto questo fino a quando uno dei prigionieri si libera, si volge verso l’uscita, si accorge che la luce fioca che causava le ombre è solo un fuoco acceso e nulla più e poi si dirige verso l’uscita della caverna. Una volta fuori si accorge che c’è il sole che tutto ammanta e illumina con la sua luce folgorante. Senza tanti giri di parole si tratta della sapienza, la cultura, che sconfigge l’ignoranza. L’uomo sapiente, che si è liberato dalle catene dell’insipienza potrebbe allontanarsi, godersi la vita, potrebbe dedicarsi alla costruzione del suo mondo perfetto e invece . . . torna nella caverna. Ma perché??? Vuole liberare tutti coloro che ancora sono schiavi di quella ignoranza che li divora. E invece? È lui che viene divorato! Ucciso da coloro a cui voleva sciogliere le catene perché la tenebra resiste, l’ignoranza non vuole essere sanata! Polifemo sbrana gli sventurati compagni di Ulisse così come la poca voglia di conoscere, di approfondire, di sapere, divora l’anima di ogni studente che frequenta una qualsiasi scuola. “Che dici? Sei pieno?” è l’ultimo verso di una bellissima poesia di un membro del laboratorio che leggiamo insieme, il quale retoricamente domanda ad ogni adolescente del gruppo: “di cosa ti nutri? Cosa ti fa crescere? Che fine fa un’anima senza cibo?” Ancora una volta la letteratura viene in nostro soccorso. Nel celebre romanzo del premio Nobel per la letteratura W.Golding “Il Signore delle mosche” gli adolescenti Jack e Ralph, scampati ad un disastro aereo su di un’isola deserta insieme ai loro compagni di scuola, decidono di edificare due tipi diversi di società. Jack sarà capo dei cacciatori, selvaggi, violenti, aggressivi e spietati mentre Ralph, consigliato dal saggio e grassottello “Piggy”, vorrebbe guidare il gruppo di coloro che riflettono, convivono, comprendono. Dal film, realizzato negli anni 80 tratto dal romanzo, vediamo la scena in cui l’elicottero inviato a salvare i naufraghi non è in grado di avvistarli perché la tribù di Jack, i cacciatori, ha lasciato spegnere il fuoco di avvistamento. Quante volte gli uomini hanno lasciato che il fuoco si spegnesse nelle loro vite!! E ogni volta qualcosa di orrendo gli è capitato! Polifemo, che ha un occhio solo, che non vede, che preferisce le pecore agli uomini, sicuramente non vuole che il fuoco della conoscenza resti acceso, ma anche Ulisse, tutto preso dall’ostentazione degli obiettivi raggiunti tramite la sua furbizia, non ci appare affatto sapiente. Si vanta, invece, tronfio nella sua arroganza! Ci lasciamo osservando un quadro celebre del pittore tedesco Caspar David Friedrich conservato nella pinacoteca di arte antica di Berlino: un monaco minuscolo, nella sua tonaca nera, su di una spiaggia sabbiosa del nord Europa osserva il mare scuro, l’orizzonte lontano, il cielo, forse minaccioso, forse benevolo. Il piccolo monaco, abituato a riflettere, a studiare, vorrebbe conoscere il mistero dell’universo, lo scruta con fare indagatore. Ma è piccolo, anzi, nel quadro, la sua testa non arriva a toccare il cielo, nemmeno l’orizzonte del mare!

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