Laboratorio di cittadinanza “contemporaneaMENTE”

Anno scolastico 2020/21 22.04.2021 – incontro n°9

Il blocco degli account social di Trump è stato un atto di democrazia o un sopruso?

Oggi gli studenti, divisi in due squadre, si sono preparati ad affrontare un topic per una disputa particolare: il blocco degli account social dell’ex Presidente degli Stati Uniti Trump è stato un atto di difesa della democrazia o una violazione del diritto alla libertà di espressione?

La prima squadra, a favore della difesa della democrazia, così argomenta: i post del Presidente hanno tentato di alterare l’integrità delle linee guida di Twitter, portando interferenza ai processi civici quali le elezioni che erano in corso, cercando di manipolare e confondere gli avvenimenti; più che esercitare la libertà di espressione, il Presidente ha diffuso false notizie. I termini di servizio del social Twitter sono stati violati, il che è paragonabile alla violazione del contrattato tra titolare del servizio e utente, documento necessario proprio per prevenire determinati abusi. Ciò ha portato al blocco degli account di Trump: in sostanza, la pappardella che nessuno legge quando accetta i termini di servizio è stata violata. Il Presidente ha sfruttato i propri consensi e la sua posizione di potere per diffondere false notizie senza pensare ai followers che credono in quanto afferma, tra l’influenza del Covid, la possibilità di uscire senza problemi e come “per il 99% dei casi fosse innocuo” (4 luglio 2020). A New York è stato anche realizzato il “Wall of lies” per le 20000 bugie dette da Trump e smascherate dai quotidiani americani. C’è poi da considerare l’assalto al Congresso, il 6 gennaio 2021: il Presidente ha dichiarato “andate a casa, ma per me siete persone speciali e vi voglio bene”, giustificando l’azione come patriottismo in risposta alle elezioni “sottratte e rubate”. Citando Martin Luther King, “la mia responsabilità finisce dove inizia la tua”: nella situazione presa in esame c’è un abuso di libertà con conseguenze di atti vandalici. A volte un diritto può essere temporaneamente ridotto per proteggerne un altro (ad esempio la sicurezza nazionale). Non è questione di libertà di espressione ma di rispetto verso gli altri.

Dopo un breve momento per le domande, la seconda squadra espone la propria tesi, definendo l’azione della censura con l’enciclopedia Treccani e richiamando il primo emendamento della Costituzione americana. Come esempio si porta il precedente blocco di alcuni utenti da parte di – poiché di idee diverse dalle sue – successivamente definito dal giudice come atto contrario alla Costituzione, con obbligo di ripristino. Viene inoltre richiamato il 4° emendamento, il diritto al confronto con una giuria di pari per giungere alla domanda fondamentale: chi deve decidere l’esclusione da una piattaforma? Il singolo può essere bloccato, ma da un’autorità terza, non dall’azienda privata. Gli Stati Uniti sono la patria della democrazia, come si fa a togliere la libertà di espressione?

La disputa si chiude senza vincitori né vinti, poiché emerge una nuova riflessione. La questione non è tanto quella posta inizialmente quanto piuttosto: chi deve decidere fino a dove giunge la libertà di espressione?