LA MEMORIA

loto

Oggi laboratorio di filosofia in grande spolvero!! Un ospite illustre ci è venuto a trovare: Matilde, ex alunna del nostro liceo, prossima alla laurea triennale in filosofia, già membro del laboratorio per tre anni di seguito, è in mezzo a noi. C’è un po’ di soggezione, di imbarazzo ma anche molta voglia di sentire le sue impressioni sui ragazzi e sulle ragazze del gruppo di quest’anno. Con la sua presenza siamo già entrati nel tema della settimana: il valore della memoria all’interno di ogni esperienza di viaggio. Quando si torna da un tour si riporta un souvenir: di solito qualcosa di orrendo e di inutile che finirà per un po’ a prendere polvere su di uno scaffale per poi finire, al primo impeto ordinatorio di una mamma di turno, dentro una pattumiera adeguata: una palla con dentro la neve, un magnete da attaccare alla porta del frigo, uno strofinaccio col nome del paese visitato. Ad Ulisse e ai suoi compagni capita di peggio: portati decisamente fuori rotta da una tempesta sono costretti ad abbandonare il viaggio verso Itaca per approdare sull’isola dei lotofagi. Nutrirsi dei frutti della pianta del Loto, oltre ad essere piacevole e dolce, provoca ai viaggiatori la perdita della memoria e lo spaesamento. La meta non solo viene abbandonata ma addirittura dimenticata. Capita, a volte, di perdere la rotta della propria esistenza, pensiamo a quelle volte in cui anche noi ci siamo attardati, se non addirittura smarriti: le fiabe sono piene di gente che si perde e non trova più la strada di casa. Eppure la memoria quando si viaggia, quando si vive, è fondamentale. Ce lo ricorda Giacomo Leopardi con la celeberrima poesia “A Silvia”, che Aurora ci legge ad alta voce. Il poeta, attraverso il ricordo, “rimembri ancora”, trasforma un’esperienza di delusione terrificante in qualcosa di sublime e meraviglioso. Matilde ci suggerisce un episodio tratto dal saggio del neurologo Oliver Saks “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello”, in cui una ragazza indiana trasforma il suo sogno in visione e la visione in realtà: i sogni che la nutrono durante la malattia hanno il potere di riportarla a casa. Il celebre artista e designer Bruno Munari scrisse negli anni ’50 “Ognuno vede ciò che sa”, ovvero, come anche affermava Platone nelle sue opere “Fedro” e “Menone”, la memoria delle nostre esperienze costituisce la base di tutto ciò che conosciamo. Certo è che chi non sa nulla, ahimè, non vede nulla. Ognuno vede e cerca ciò che gli manca e lo sorprende ciò che colpisce la sua personale visione del mondo. Vedere, conoscere, ricordare, la memoria diviene il deposito di ciò che abbiamo esperito ma anche la chiave per aprire il nostro futuro. Seguiamo le orme di un giovanissimo Leonardo di Caprio che, nel film “The beach”, cerca nel viaggio qualcosa di nuovo che lo possa sorprendere ed edificare, ma, dopo aver collezionato esperienze strabilianti quanto assurde si domanda: “Tutto questo a che serve?”