02 – Le prime due caratteristiche dei populismi

Il Laboratorio di Cittadinanza entra nel vivo: oggi affrontiamo insieme le prime due caratteristiche dei populismi.

Dopo una breve introduzione che ci aiuta a riprendere quanto emerso la settimana scorsa, prendiamo spunto da un articolo di Cinzia Bearzot: Populismi antichi, populismi moderni (Nuova secondaria, n.3/2019, pagg.3-5). “In tempi recenti i populismi sono partiti e movimenti che si presentano come rappresentanti degli interessi del popolo contro le élites politiche ed economiche”.  Ci chiediamo allora chi/che cosa siano queste élites? La risposta è difficile, i ragazzi tentennano. Le multinazionali? Le banche…chi ha più potere di noi (eh, ma allora quasi tutti, noi siamo troppo giovani)…i capi politici! Ma allora se il populismo si schiera contri i capi politici e al suo interno ci sono gli stessi capi politici…siamo di fronte ad un cortocircuito! E definire questi élites è un esercizio molto difficile…

Prosegue Bearzot: “Vi si associa spesso la demagogia, perché la ricerca del consenso porta a soddisfare le aspettative del popolo, giuste o sbagliate che siano”. Quali sono le aspettative del popolo allora? Gli studenti rispondono con le seguenti percezioni: meno tasse, avere dei capri espiatori, limitare il diritto alla cittadinanza, più sicurezza e più lavoro, cambiare le regole, innovazione imprenditoriale, crescita economica, aiuto alle famiglie, meno potere agli altri.

Dall’Articolo analizzato, riassumiamo che per quanto riguarda l’antica Grecia e Roma, a seconda del popolo cambiava il tipo di populismo, da demagogico a costruttivo. C’erano diverse forme di populismo:

  • che assume la rappresentanza del popolo per promuoverne l’interesse;
  • demagogico (popolo = massa di manovra);
  • rivoluzionario, destabilizza il sistema fino a rovesciarlo.

Qualcuno riflette: quindi i populisti usano il popolo per…restare al potere?

Ma il populismo fa gli interessi del popolo? Domanda interessante.

Risposta: si ma no.

Perché?

Perché il punto è che il popolo (vedi lista delle aspettative di prima) non sa cosa sia meglio o peggio per tutti. Sa solo cosa vuole oggi. Domani non importa.

A questo punto – riflettono gli studenti – non conta più il colore del partito, ma è importante che si trovi una risposta al mio di bisogno: non serve che mi si spieghi con quali soluzioni affrontare i problemi, conta solo condividere le stesse paure. (Fuga in avanti, si accenna al primo antidoto ai populismi: maggior collaborazione fra persone e fra Stati).

J-W Müller (Cos’è il populismo, pag.108): “Il vero problema del populismo è che la sua negazione della diversità equivale effettivamente a negare ad alcuni lo status di cittadini liberi ed eguali”. Ci lasciamo interrogare da questa frase per approcciare la prima caratteristica dei populismi: “Il primo elemento comune della cultura dei populismi è quello di confondere volutamente le categorie di destra e di sinistra politica. La dialettica politica si sposta sulla contrapposizione alto e basso, UE vs Stato-nazione (…) La crisi delle appartenenze politiche rischia di contagiare le stesse istituzioni democratiche e la democrazia rappresentativa. Il 63% degli italiani ha recentemente dichiarato di non credere più né nella destra né nella sinistra” (Ricostruire la politica, F. Occhetta, pag.25.28).

Ma cosa sono destra e sinistra politica? Certo, storicamente hanno rappresentato ceti della popolazione ben precisi ma oggi? Ci lasciamo provocare dalla famosissima canzone di Giorgio Gaber “Destra sinistra”.

Dopo qualche risata, sorge spontanea la domanda: ma perché creare confusione tra la destra e la sinistra? Idee: per crearsi un posto in politica; perché le aspettative del popolo (che i populismi rincorrono) sono trasversali; perché ormai i partiti si sono scollati dai valori storici che li hanno sempre contraddistinti.

Passiamo così alla seconda caratteristica: “La crisi delle appartenenze classiche fa emergere una seconda caratteristica: il significato di Nord e Sud politico (…) Il voto è diventato fluido, è sempre meno prevedibile, si basa sul consenso e non sulla partecipazione. Questo processo ha de-ideologizzato la politica, svuotando le ragioni tradizionali della destra e della sinistra, ha mortificato il ragionamento politico e semplificato le soluzioni (…) Il Nord ricco difende ciò che ha conquistato, il sud povero cerca un riscatto dalla disoccupazione e da situazioni sociali difficili. Queste due nuove categorie hanno un punto in comune: la chiusura nella propria sovranità. Così la politica è portata a concentrarsi sui singoli temi senza quel disegno generale di sistema che caratterizzava la destra e la sinistra” (Ricostruire la politica, F. Occhetta, pag.34-35).

Insomma, il populismo rende apparentemente le cose più semplici. Esatto, apparentemente.

Ma perché? Perché la politica è un dedalo aggrovigliato ma è importante che il popolo la percepisca come qualcosa di semplice, perché nessuno vuole avere problemi.

Quindi, nei populismi, è importante la comunicazione.

In quest’ottica, i populismi compiono scelte che più che giuste – e guardare al domani – seguono la pancia della popolazione – e guardano solo all’oggi.

Insomma, non si capisce più nulla: c’è un grande caos, sia per la mancanza di un disegno generale della politica, sia per via della confusione tra destra e sinistra.

quindi? Viviamo una crisi sociale, economica, politica…una reazione a catena.

Concludiamo l’incontro chiedendoci quali sensazioni ci faccia provare tutto questo:

  • tristezza
  • ad un passo dal baratro
  • confusione
  • delusione
  • interesse
  • occorre una rivoluzione (pacifica) politica e culturale

Ma soprattutto, se siamo qui a parlarne e a dibattere, di pomeriggio, confrontandoci a 360°, significa che non è tutto da buttare via. La soluzione c’è e possiamo trovarla. Insieme!

Ci vediamo giovedì prossimo.