01 – Il contesto socio politico nel quale ci troviamo oggi

Il laboratorio di cittadinanza di quest’anno è caratterizzato da un titolo particolare “populismore”, unione di più possibili interpretazioni: “populism’or?” c’è un’alternativa ai populismi? Ma anche “popul is more” , il popolo è più di quanto non vogliano farci credere.

Con queste premesse ha luogo il primo incontro, insieme ad una quindicina di studenti, chiamati ad affrontare un tema tanto attuale quanto poco conosciuto: tutti parliamo dei populismi, ma quanto ne sappiamo veramente? Sono un fenomeno ciclico o occasionale nella storia? La democrazia come può conviverci? In tutto questo, noi cittadini e soprattutto i giovani, che ruolo possiamo avere?

Chiamati a condividere le motivazioni che li hanno portati ad iscriversi al laboratorio, gli studenti convergono verso: curiosità, interesse per l’argomento, desiderio di capire meglio i populismi, avere uno spazio per potersi confrontare e scambiare le idee.

Dopo un gioco iniziale – tanto breve quanto divertente – costruiamo insieme l’orizzonte nel quale muoverci, dando un significato comune ad alcune parole:

cittadinanza: è il sentirsi parte di uno Stato e dell’Unione Europea; conoscere i valori di un Paese e possederli, far parte della politica (in modo diretto e indiretto); appartenere ad una comunità, lavorare; avere dei diritti e dei doveri; avere radici in un luogo, abitare, conoscere la lingua e la cultura, vivere in una società e conoscerne le tradizioni.

cittadino: è la persone che ha la cittadinanza (come definita nel punto precedente) che appartiene ad una collettività, che si rispecchia in certi principi e rispetta le leggi di un Paese, avendone coscienza.

società: un gruppo di persone con diversa cittadinanza.

Ma come potremmo definire la nostra società, quella che viviamo ogni giorno? Ne esce un quadro disarmante: frammentata, complessa, con pregiudizi, segnata dai doveri, in evoluzione e cambiamento, con determinati standard, liquida, senza principi, ignorante, multietnica, ipocrita, molto chiusa, demagogica, impulsiva, frenetica e superficiale.

Come cappello, commentiamo la necessità di un dialogo interculturale, non solo per una questione etnica ma soprattutto etica: basti pensare a come noi italiani siamo divisi riguardo moltissime tematiche, dalla famiglia all’aborto, dalla religione alla ragion di Stato, dall’accoglienza dei migranti alla loro espulsione.

Ci poniamo un’ulteriore domanda: viviamo in una crisi della democrazia rappresentativa? Rispondono gli studenti; si perché:

  • le idee sono imposte,
  • il popolo è oppresso dal palazzo,
  • la politica cerca di esaudire più i desideri che i bisogni reali della popolazione,
  • c’è un clima di fiducia tradita,
  • la politica è percepita distante dalla quotidianità,
  • si vive un clima di odio fomentato per ignoranza,
  • invece di risolvere certi problemi si posta l’attenzione verso altri problemi,
  • poca cultura generale,
  • crediamo a quanto ci viene detto finché lo vediamo (magari sul web),
  • si vive ad un eterno presente, senza provare a pensare al domani o al futuro.

In aggiunta a quanto emerso dagli studenti, si aggiungono altri punti per rispondere alla medesima domanda. Viviamo una crisi della democrazia rappresentativa per:

  • una globalizzazione non governata,
  • molteplici attacchi agli organismi dell’UE,
  • la crisi dei ceti medi e l’invecchiamento della popolazione,
  • distacco tra popolo ed élite,
  • paura delle migrazioni,
  • crisi della competenza,
  • disintermediazione,
    • rapporto diretto del capo con il popolo tramite i social: non esistono più elettori ma followers, non ci sono più idee di cui discutere ma solo tweet da condividere.

Facciamo il punto della situazione allora.

Oggi, più di ogni altra epoca abbiamo una cosa: la libertà!

L’aspetto problematico è che, di fronte a tutti questi diritti, non siamo disposti ad assumerci i corrispettivi doveri. Ma che cos’è la libertà? Siamo davvero liberi o siamo convinti di esserlo, domandano gli studenti? E in questo contesto, qual è il ruolo di internet: facilita o rende più difficili le cose? I ragazzi affermano:

  • internet è un fenomeno complesso,
  • viviamo più in rete che nella realtà,
  • ci dà l’impressione di conoscere le cose ma in realtà non le sappiamo,
  • ci affidiamo a questo strumento senza sapere come funziona e le possibili implicazioni,
  • facilita e rende più difficili le cose insieme,
  • ci ha resi più o meno ignoranti di prima? Sicuramente dipendenti…

Di per certo, possiamo dire che internet è uno strumento che spinge per far saltare i corpi intermedi, cioè tutto ciò che crea la comunità (famiglia, scuola, associazioni…): sono questi i luoghi in cui ci si incontra, ci si scontra, ma – in un parola – si cresce, perché è necessario confrontarsi con altre persone che, a volte, la pensano diversamente da noi. Quando la comunità diventa digitale…è facile perdere l’orizzonte primario.

In sintesi: siamo uomini, cittadini di società complesse, con una chiara visione di quanto accade intorno e noi…anche se abbiamo tra i 15 e i 19 anni. Siamo consapevoli che da soli non siamo autosufficienti, necessitiamo la cooperazione ma la società in cui viviamo ci parla troppo spesso di competizione! Qui avviene il corto circuito relazionale, sociale, politico, economico. Certo, non facciamo riferimento a quella sana competizione che – ad esempio in classe – ci spinge a migliorare per alzare l’asticella delle nostre prestazioni, nella consapevolezza delle nostre capacità.

L’incontro si conclude con un’ultima domanda. Gli studenti sono chiamati a descrivere come dovrebbe essere la politica e poi come la vediamo ogni giorno.

Come dovrebbe essere la politica

coerente e sincera
condivisa e concreta
cooperativa e dialogante
corretta e disposta al confronto
comprensiva e sensibile
fatta di passione e amore
attenta al bene comune
uguale per tutti
in grado di osare
attenta ai bisogni primari

Come vediamo ogni giorno la politica

scorretta
squilibrata
superficiale
egoista ed egocentrica
prima le esigenze di partito, poi il resto
infantile
con poco confronto
senza dialogo
ci impone scelte poco condivise

Insomma, il quadro dipinto in questo primo pomeriggio lascia poco spazio all’immaginazione.

La soluzione?

Una sola: è partecipare.

Non possiamo chiamarci fuori dalla politica, perché – con le parole di Sant’Agostino – potremmo dire che le strutture della polis sono caratterizzate da una necessaria imperfezione e sono aperte a una incessante perfettibilità.

Allora, l’unica chance che abbiamo è proprio quella di partecipare!