IN FAMIGLIA

Non è facile argomentare intorno al tema dell’amore che si vive dentro le mura familiari. Mamma e papà sono figure primarie e da come costruiamo e viviamo questo rapporto intimissimo dipende tanto dello spessore dell’anima di ognuno.

Nella canzone “Padre madre” Cesare Cremonini racconta quanto il rapporto con i propri genitori abbia inciso sulla sua produzione artistica e quanto la vicinanza dell’amore dei suoi genitori abbia influito sul suo carattere e sul suo modo personale di affrontare la vita. L’amore di mamma e papà è un ingrediente indispensabile per crescere ma, a volte, può anche risultare dannoso e sortire l’effetto contrario a quello voluto. Narra il testo:

Padre, occhi gialli e stanchi,
Nelle sopracciglia il suo dolore da raccontarmi
Madre, gonna lunga ai fianchi,
Nelle sue guance gli anni e I pranzi coi parenti
Non mi senti? O non mi ascolti,
Mentre piango ad occhi chiusi sotto al letto.

Padre, e se mi manchi
È perché ho dato più importanza ai miei lamenti
Madre, perché piangi?
Ma non mi hai detto tu, che una lacrima è un segreto?
Ed io ci credo, ma non ti vedo
Mentre grido e canto le mie prime note!

Ma se, una canzone che stia al posto mio non c’è,
Eccola qua: è come se, foste con me!

Padre, mille anni,
E quante bombe sono esplose nei tuoi ricordi!
Madre, tra I gioielli,
Sono ancora il più prezioso tra I diamanti?
Ma non mi ascolti, non mi senti,
Mentre parto sulla nave dei potenti!

Ma se, una canzone che stia al posto mio non c’è,
Eccola qua, è come se, foste con me!
Ma se, una canzone che stia al posto mio non c’è,
Eccola qua, è come se, foste con me!

Padre, occhi gialli e stanchi,
Cerca ancora coi tuoi proverbi a illuminarmi
Madre, butta I panni,
E prova ancora, se ne hai voglia a coccolarmi,
Perché mi manchi,
E se son stato così lontano è stato solo per salvarmi!
Così lontano è stato solo per salvarmi!
Così lontano è stato solo per salvarmi!

Ma se, una canzone che stia al posto mio non c’è,
Eccola qua, è come se, foste con me!
E’ come se, foste con me!
E’ come se, foste con me!

A volte si diventa genitori dei nostri genitori. A volte è necessario allontanarsi per salvarsi. Mai si può evitare questo rapporto.

Sicuramente l’immaginario di tutti, specie quello legato all’infanzia, è legato a storie, favole, abitate e animate da figure parentali: i filosofi evocano Biancaneve, Cenerentola, Raperonzolo, Cappuccetto Rosso. Ogni volta queste vicende narrate ci presentano rapporti bellissimi, spesso tormentati, a volte persino dannosi. Tra tutte le fiabe una però mette al centro del racconto un padre che sempre cerca il figlio, anche se questo non sempre risponde alle attese, anche se il rapporto è difficile, anche se invece di un uomo cresce solo un burattino di legno. Si tratta di mastro Geppetto di Pinocchio:

Geppetto, tornato a casa, comincia subito a fabbricarsi il burattino e gli mette il nome di Pinocchio. Prime monellerie del burattino. La casa di Geppetto era una stanzina terrena, che pigliava luce da un sottoscala. La mobilia non poteva essere più semplice: una seggiola cattiva, un letto poco buono e un tavolino tutto rovinato. Nella parete di fondo si vedeva un caminetto col fuoco acceso; ma il fuoco era dipinto, e accanto al fuoco c’era dipinta una pentola che bolliva allegramente e mandava fuori una nuvola di fumo, che pareva fumo davvero. Appena entrato in casa, Geppetto prese subito gli arnesi e si pose a intagliare e a fabbricare il suo burattino. — Che nome gli metterò? — disse fra sé e sé. — Lo voglio chiamar Pinocchio. Questo nome gli porterà fortuna. Ho conosciuto una famiglia intera di Pinocchi: Pinocchio il padre, Pinocchia la madre e Pinocchi i ragazzi, e tutti se la passavano bene. Il più ricco di loro chiedeva l’elemosina. (Carlo Collodi “LE AVVENTURE DI PINOCCHIO”, cap II)

Il povero falegname “costruisce” il burattino, lo ama, lo genera, ne fa un uomo.

Non sempre la famiglia rappresenta il luogo della formazione del sé e della crescita. Può anche divenire un inferno, la culla dell’ipocrisia e la morte dell’amore. Manca poco a Natale e alla festa dei cosiddetti “buoni sentimenti” che possono anche rivelare veleno e risentimento. Cogliamo queste provocazioni da un grande-piccolo film dell’immenso Mario Monicelli, risalente al 1992. Quasi trenta anni fa, una famiglia “unitissima” del centro Italia simula affetti e attenzioni inesistenti e fuorvianti. Regna sovrana la finzione, soprattutto a Natale:

 

Rapporti veri e intensi ci fanno crescere. Ci fanno amare, ci fanno sentire amati. Ci fanno sentire il sapore intenso dell’affetto. Come i biscotti che Sofia ha fatto per tutti noi:

biscotti