L’ALTRO

Questo quinto incontro del lab si svolge in prossimità delle feste natalizie e il clima delle vacanze pervade anche i filosofi. Quella di oggi è una tappa fondamentale poiché la ricerca del proprio demone vitale passa inevitabilmente attraverso l’incontro con altri soggetti che stanno svolgendo la nostra stessa indagine. Non siamo soli poiché facciamo parte di una umanità e per questo abbiamo quotidianamente a che fare con l’altro, il prossimo, il vicino, il simile, l’umano, la persona.

Per prima cosa ascoltiamo l’ultima canzone di Niccolò Fabi che si intitola proprio “Io sono l’altro”:


Io Sono L’Altro

Io sono l’altro
Sono quello che spaventa
Sono quello che ti dorme
Nella stanza accanto
Io sono l’altro
Puoi trovarmi nello specchio
La tua immagine riflessa
Il contrario di te stesso
Io sono l’altro
Sono l’ombra del tuo corpo
Sono l’ombra del tuo mondo
Quello che fa il lavoro sporco
Al tuo posto

Sono quello che ti anticipa al parcheggio
E ti ritarda la partenza
Il marito della donna di cui ti sei innamorato
Sono quello che hanno assunto quando ti hanno licenziato
Quello che dorme sui cartoni alla stazione
Sono il nero sul barcone
Sono quello che ti sembra più sereno
Perché è nato fortunato
O solo perché ha vent’anni in meno

Quelli che vedi sono solo i miei vestiti
Adesso facci un giro e poi mi dici
E poi

Io sono il velo
Che copre il viso delle donne
Ogni scelta o posizione
Che non si comprende
Io sono l’altro
Quello che il tuo stesso mare
Lo vede dalla riva opposta
Io sono tuo fratello
Quello bello

Sono il chirurgo che ti opera domani
Quello che guida mentre dormi
Quello che urla come un pazzo e ti sta seduto accanto
Il donatore che aspettavi per il tuo trapianto
Sono il padre del bambino handicappato
Che sta in classe con tuo figlio
Il direttore della banca dove hai domandato un fido
Quello che è stato condannato
Il presidente del consiglio

Quelli che vedi sono solo i miei vestiti
Adesso vacci a fare un giro e poi mi dici
E poi mi dici
Mi dici
E poi mi dici
Mi dici
E poi mi dici
E poi mi dici
Mi dici

Dopo l’ascolto ogni filosofo viene invitato a dichiarare quali versi lo hanno colpito di più. Tutti ammettono che è il ritornello ad averli catturati. Laddove si dichiara che “l’altro” siamo sempre noi, ma con vestiti diversi, basterebbe provare ad indossarli per comprendere meglio noi stessi e il mondo intero. Sfugge, però, ai più, che il compositore identifica nell’altro non solo il riflesso della propria immagine ma anche una serie di figure sgradevoli alle quali rinunceremmo volentieri o con le quali entreremmo facilmente in conflitto. La presenza del prossimo ci interpella sul senso della nostra identità e su quello della società a cui apparteniamo. È Natale e tutti si sentono diversi, qualcuno dice più buoni. L’artista e writer inglese Banksy ha lanciato proprio in questo periodo una provocazione piuttosto scomoda sul nostro rapporto con l’altro:

lab fil 20_5

Un barbone dormiente (come un celebre personaggio del presepe) forse per smaltire una sbornia o forse solo per riposarsi dalla vita grama che conduce, vede il proprio giaciglio trasformato dal disegno in una poderosa slitta, pronta a portarlo chissà dove.

Uno dei filosofi presta la sua voce per leggere a voce alta un brevissimo e famosissimo racconto di fantascienza del 1954, si intitola SENTINELLA e prende poco tempo:

La sentinella

Era bagnato fradicio e coperto di fango e aveva fame freddo ed era lontano 50mila anni‐luce da casa. Un sole straniero dava una gelida luce azzurra e la gravità doppia di quella cui era abituato, faceva d’ogni movimento un’agonia di fatica. Ma dopo decine di migliaia d’anni, quest’angolo di guerra non era cambiato. Era comodo per quelli dell’aviazione, con le loro astronavi tirate a lucido e le loro superarmi; ma quando si arriva al dunque, tocca ancora al soldato di terra, alla fanteria, prendere la posizione e tenerla, col sangue, palmo a palmo. Come questo fottuto pianeta di una stella mai sentita nominare finché non ce lo avevano mandato. E adesso era suolo sacro perché c’era arrivato anche il nemico. Il nemico, l’unica altra razza intelligente della galassia… crudeli schifosi, ripugnanti mostri.    Il primo contatto era avvenuto vicino al centro della galassia, dopo la lenta e difficile colonizzazione di qualche migliaio di pianeti; ed era stata subito guerra; quelli avevano cominciato a sparare senza nemmeno tentare un accordo, una soluzione pacifica. E adesso, pianeta per pianeta, bisognava combattere, coi denti e con le unghie. Era bagnato fradicio e coperto di fango e aveva fame, freddo e il giorno era livido e spazzato da un vento violento che gli faceva male agli occhi. Ma i nemici tentavano di infiltrarsi e ogni avamposto era vitale. Stava all’erta, il fucile pronto.    Lontano 50mila anni‐luce dalla patria, a combattere su un mondo straniero e a chiedersi se ce l’avrebbe mai fatta a riportare a casa la pelle. E allora vide uno di loro strisciare verso di lui. Prese la mira e fece fuoco. Il nemico emise quel verso strano, agghiacciante, che tutti loro facevano, poi non si mosse più. Il verso, la vista del cadavere lo fecero rabbrividire. Molti, col passare del tempo, s’erano abituati, non ci facevano più caso; ma lui no. Erano creature troppo schifose, con solo due braccia e due gambe, quella pelle d’un bianco nauseante e senza squame…

Da: Fredrick Brown, Tutti i racconti, A. Mondadori Editore, 1992.

Che schifo l’altro, il nemico da cui guardarsi e di cui avere paura! Così diverso, con solo due gambe e due braccia, la pelle liscia e senza squame. Proprio come un uomo!