Uscire dalla grotta

grottaUlisse e Polifemo ci hanno colpito molto, entrambe mostri, di furbizia e boriosità il primo, di crudeltà e ignoranza il secondo. Nessuno dei due, a dir la verità, stimola la nostra intelligenza. Uno troppo furbo e fraudolento, l’altro, violento e stupido, ma noi vorremmo avere qualche suggerimento su come uscire dalla grotta, come illuminare l’oscurità, come vincere l’ignoranza. Sono i ragazzi del laboratorio a proporre le loro risposte. Il primo pensiero che emerge è molto divergente e afferma che, in fondo, è tutta colpa di Ulisse, è lui che ha violato l’intimità di Polifemo, è lui in difetto, è lui il cinico pronto a sacrificare i suoi uomini senza battere ciglio. Se la grotta oscura è un po’ la nostra società e un po’ anche la nostra scuola perché uscire? Perché cambiare? In fondo con due cuscini colorati e una tenda ricamata anche una spelonca buia e umida diventa gradevole, anche una prigionia diventa accettabile! No, meglio uscire! Magari scoprendo quanto sia bello collaborare, costruire insieme, progettare collegialmente, lo dice anche il proverbio: “l’unione fa la forza!” Ma in realtà non basta uscire alla luce, non basta guadagnare l’uscita, ciò che conta è il motivo per cui lo si fa, il fine che ci muove. Cosa ci aspetta, in definitiva, fuori dalla grotta? Quale mondo fuori dalla scuola? Cosa c’è dopo l’esame di maturità? Emerge una notevole dose di ansia. Ce n’è una buona, di ansia, e una cattiva. Una che ci blocca lì dove siamo e non ci fa muovere più e una che ci sprona e ci pungola verso nuovi obiettivi. Discutendo emerge quanto siano comode e rassicuranti le abitudini, quanto sia bello fare la cuccia sotto le coperte. E restare lì per sempre. Quando si arriva a scuola si accende un fuoco potente in prima, ci si scalda a quella fiamma in seconda, diventa una torcia in terza, una candela in quarta, oscurità e paura di fallire in quinta. E dopo? Domanda una studentessa di prima, come prepararsi ad affrontare ciò che non conosciamo? Come sconfiggere le paure? Come uscire dalla maledizione di questo eterno presente che non si muove mai, non ha memoria del passato e non ha speranza del futuro? I più grandi vedono l’esame finale che si sta avvicinando come il parabrezza di un’auto su cui si spiaccicano i moscerini che volano spensierati. “Ma io ho voglia di saltare”, sostiene Corinna! Io voglio vedere cosa c’è oltre la siepe, al di là del muro. L’esame finale non è la barriera su cui stamparsi ma il trampolino da cui spiccare il volo. Ce lo ricorda il professor Keating, dal film “L’attimo fuggente”, da cui vediamo alcune scene. Siamo uomini che sognano e progettano la bellezza, siamo originali, unici. Esseri che sconfiggono la morte e il silenzio eterno alzandosi sui banchi per vedere che possiamo saltare oltre il muro, perché c’è un prato su cui correre.